Quanto tempo abbiamo per agire efficacemente sugli effetti dei cambiamenti climatici? Poco, secondo una ricerca condotta dal Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) , e pubblicata su Environmental Research Letters. I ricercatori sostengono infatti che ritardare ancora le azioni riguardo alle emissioni di gas serra significherà triplicare quelli che sarebbero gli attuali costi di mitigazione, minacciando in tal modo una crisi simile a quella da cui stiamo cercando faticosamente di uscire.
La situazione non è delle migliori ed è sotto gli occhi di tutti: le emissioni di gas serra continuano ad aumentare e non c’è modo di stipulare un accordo globale vincolante che limiti l’aumento del riscaldamento globale ai due gradi. E più il tempo passa più alti saranno i costi. Gunnar Luderer, primo autore dell’articolo, non ha dubbi: “Le ripercussioni economiche transitorie che risulterebbero se l’innesco verso un’economia del clima ritarderà ancora, sono paragonabili ai costi della crisi finanziaria che il mondo ha appena vissuto”.
Il problema, spiegano gli esperti, è che sarà sempre peggio. Un economista è in grado di guardare il problema nella sua complessità, comprendendo che più passa il tempo e si rimandano le decisioni importanti e più i costi aumentano. Per un politico le cose sono diverse: è molto difficile chiedere dei sacrifici nel presente per ottenere risultati in futuro e più passa il tempo e più sarà difficoltoso, visto che i costi delle prime azioni da intraprendere saranno sempre più alti. Insomma, i costi iniziali sono secondo gli esperti, più importanti dei costi globali.
I ricercatori hanno analizzato diversi costi, fra questi anche quello dell’energia. Dai dati emergerebbe che se la riduzione delle emissioni arriveranno dopo il 2030, i prezzi dell’energia potrebbero aumentare dell’80 per cento nel breve periodo, pesando soprattutto sui paesi più poveri del mondo, con implicazioni serie sulla stabilità di governo degli stessi. Secondo gli scienziati, se entro il 2015 si raggiungesse un accordo sull’obiettivo dei due gradi l’aumento dei costi dell’energia potrebbe essere “solo” del 25%.
I ricercatori hanno analizzato anche i fattori relativi alle tecnologie utili a limitare le emissioni di anidride carbonica o a stoccarla. Queste tecnologie dovrebbero essere disponibili e utilizzate. Se non lo fossero, per motivi politici o tecnologici, questo aggraverebbe di molto le altre azioni relative alla riduzione delle emissioni. Più si rimandano le azioni meno avremo tempo, più queste tecnologie saranno necessarie. Più agiremo in fretta e meno dipenderemo da questo tipo di tecnologie.
Secondo i ricercatori stiamo già pagando le inerzie di questi anni di inazione: siamo infatti già destinati ad un aumento della temperatura di 1,7 gradi.
Tenendo in considerazione diversi fattori, come i negoziati internazionali, le tecnologie per la gestione del carbonio e le energie rinnovabili, i costi di mitigazione e i fattori economici legati al mercato dell’anidride carbonica gli scienziati hanno prodotto, grazie a simulazioni al computer, 285 diversi scenari.
“Il nostro studio è il primo a tracciare il trade-off tra il rigore di obiettivi climatici e le sfide di mitigazione economiche a questo altissimo livello di dettaglio”, spiega Ottmar Edenhofer , co- autore dello studio e capo – economista del PIK. “Siamo stati in grado di definire con precisione ciò che noi chiamiamo la frontiera della realizzabilità: dipendendo da obiettivi di mitigazione, tempi e disponibilità della tecnologia, i costi della politica climatica da un certo punto in poi crescono in modo sproporzionato”.
Non è più il tempo di aspettare, quindi, secondo gli esperti. Non solo i costi diventerebbero non affrontabili, ma gli obiettivi potrebbero non essere più raggiungibili.
The post Conto alla rovescia sul clima: quanto tempo ci resta? appeared first on Gaianews.it.
